REPORT DI RICERCA
Technology Vision 2024
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9 gennaio 2024
Nei prossimi anni, le aziende avranno a loro disposizione una gamma sempre più potente di tecnologie, che apriranno nuove strade per elevare il potenziale umano, la produttività e la creatività. Gli early adopter e le aziende all’avanguardia sono già in cammino verso questa nuova era. Le loro strategie sono collegate da un unico filo conduttore: la tecnologia sta diventando più “human”.
Può sembrare ovvio: dopotutto, la tecnologia non è stata costruita da e per le persone? Creare strumenti che allargano i confini delle nostre abilità fisiche e cognitive è una capacità distintiva dell’essere umano tanto che, per alcuni, ci definisce come specie.
Gli strumenti che costruiamo ci permettono di superare i limiti di quello che possiamo fare, trasformando così le nostre vite. Le automobili hanno nettamente allargato i confini della nostra mobilità. Le gru ci consentono di costruire grattacieli e ponti. I device ci hanno aiutato a creare, distribuire e ascoltare la musica.
La natura non umana della tecnologia ne rappresenta un limite. L’uso costante di dispositivi portatili può causare problemi fisici. Guardare ogni giorno per ore gli schermi può accelerare la comparsa di problemi visivi. Disponiamo di strumenti di navigazione eccezionali, ma ci distraggono dalla guida. Nel tempo gli strumenti sono diventati più ergonomici o facili da usare, ma, anche così, ci capita di prendere decisioni in base a ciò che fa funzionare meglio le macchine anziché a ciò che riesce a espandere il potenziale umano.
Ora, per la prima volta nella storia, è evidente che stiamo rovesciando gli equilibri. Non si tratta di allontanarsi dalla tecnologia, bensì di abbracciare una nuova generazione tecnologica a misura d'uomo. Una tecnologia più intuitiva, sia nella progettazione che nella sua intrinseca natura, dimostra un’intelligenza più simile a quella umana ed è facile da integrare in ogni aspetto delle nostre vite.
L’impatto dell'AI generativa va molto oltre i singoli task e sta già iniziando a cambiare profondamente organizzazioni e mercati.
Consideriamo l’impatto che l’AI generativa e i trasformer models stanno producendo intorno a noi. Il cambiamento che è iniziato con i chatbot come ChatGPT e Bard è diventato una forza trainante verso una tecnologia più intuitiva, intelligente e accessibile per tutti. Se una volta l’AI si concentrava sull’automazione e le routine, ora sta spostando il focus verso il potenziamento delle capacità umane, cambiando l’approccio al lavoro quotidiano, anche a quello concettuale specializzato che una volta era riservato a persone altamente formate o con ampie disponibilità economiche.
L’impatto dell'AI generativa va molto oltre i singoli task e sta già iniziando a cambiare profondamente organizzazioni e mercati.
L'avvento di una tecnologia più human, non limitata all’AI, sta cominciando a dare risposte ai molti limiti della nostra relazione con la tecnologia. Questo è l'apri pista a nuove potenzialità.
La tecnologia “human by design” potrà raggiungere più persone e allargare l’accesso alla conoscenza, abilitando un’innovazione continua. Pensiamo a tutte le persone storicamente resistenti alla tecnologia che, invece, saranno in grado di contribuire alla rivoluzione digitale. Più la tecnologia diventerà intuitiva, più potremo raggiungere sia nuovi clienti sia nuovi talenti.
I leader aziendali si troveranno di fronte ad alcune domande cui sono già abituati. Quali prodotti e servizi sono pronti per essere implementati su scala? Di quali nuovi dati dispongo? Quali azioni trasformative posso intraprendere? Al contempo, dovranno anche rispondere a domande inedite. Quale tipo di supervisione esige l’AI? Chi sarà incluso nella trasformazione digitale? Quali responsabilità abbiamo nei confronti delle persone che fanno parte del nostro ecosistema?
Human by design non significa solo nuove funzionalità, ma un programma per il futuro. Nelle organizzazioni impegnate a reinventare il loro nucleo digitale, la tecnologia human diventerà cruciale per avere successo. Tutte le aziende cominciano a vedere il potenziale delle tecnologie emergenti per reinventare i pilastri della loro strategia digitale. Le esperienze digitali, i dati e gli analytics, i prodotti: tutto potrà essere innovato man mano che tecnologie come l’AI generativa, lo spatial computing e altre ancora saranno mature e verranno adottate su ampia scala.
In questa epoca di reinvention, le imprese hanno l’opportunità di costruire una strategia che valorizza al massimo il potenziale umano e azzera le frizioni tra persone e tecnologia. Il futuro sarà potenziato dall’AI, ma deve essere progettato per l’intelligenza umana. E, mentre una nuova generazione tecnologica darà alle imprese il potere di ottenere di più, aumenterà il peso di ogni scelta che sarà fatta. Il mondo ci guarda: vogliamo diventare un modello da seguire o essere più conservativi?
93%
degli executive concorda con l’affermazione che, con i rapidi progressi tecnologici, è sempre più importante che le organizzazioni innovino seguendo una precisa missione.
Il nostro rapporto con i dati sta cambiando e, con esso, cambia il modo in cui pensiamo, lavoriamo e interagiamo con la tecnologia. È una rivoluzione alle fondamenta della digital enterprise.
La ricerca dei dati sta passando dal modello “consultazione” al modello “advisor”. Anziché effettuare delle ricerche per poi vagliare i risultati ottenuti, ora le persone chiedono ai chatbot dell’AI generativa di produrre delle risposte. Ricordiamo che OpenAI ha lanciato ChatGPT nel novembre 2022 e, in breve, è diventata l’app a più rapida crescita di sempre. I Large Language Models (LLM) esistono da anni, ma l’abilità con cui ChatGPT risponde alle domande in modo diretto e conversazionale ha fatto la differenza.
I dati sono uno degli elementi più importanti di un business digitale. I nuovi chatbot che sintetizzano enormi volumi di informazioni per fornire risposte e consigli, usano diversi tipi di dati, ricordano conversazioni precedenti e persino suggeriscono la domanda successiva, stanno scardinando i vecchi trend. Alla fine questi chatbot possono operare come advisor LLM e le aziende potrebbero mettere questi modelli, e la loro estesa conoscenza dei dati aziendali, a disposizione di ciascun dipendente. Ciò potrebbe liberare il valore nascosto dei dati e permettere, finalmente, alle imprese di realizzare la promessa del data-driven business.
Con l'AI generativa una nuova forma di assistenza digitale è diventata realtà.
Le aziende possiedono informazioni uniche e di grande valore e desiderano che i loro clienti, dipendenti, partner e investitori possano trovarle e utilizzarle. Ma, qualunque sia il motivo: non ricordare le parole chiave per la ricerca, non conoscere la query, i dati sono in silos o i documenti sono troppo complessi, in molti casi è difficile accedere a queste informazioni e sfruttarle. Per il data-driven business di oggi, si tratta di un enorme valore sommerso che l’AI generativa potrebbe liberare.
Tuttavia la vera disruption non è solo nel modo in cui abbiamo accesso ai dati, ma nel potenziale di trasformare l’intero mercato del software. Cosa succederebbe se l’interfaccia di ogni app e di ogni piattaforma digitale diventasse un chatbot di AI generativa?
Per cogliere a pieno i benefici del’AI generativa e costruire l’impresa del futuro potenziata dai dati e dall’AI, le aziende devono ripensare radicalmente la loro strategia tecnologica, ovvero la raccolta e l’organizzazione dei dati, le architetture, lo sviluppo degli strumenti tecnologici e le funzionalità che includono. Dovranno essere avviate nuove attività, come training, mitigazione del bias e supervisione dell’AI.
95%
degli executive ritiene che l’AI generativa renderà inevitabile per la loro organizzazione modernizzare l’architettura tecnologica.
Le nuove tecnologie possono aiutare le imprese a rafforzare la loro data foundation e a prepararsi per il data-driven business del futuro. Qualunque sia il punto di partenza di un’azienda, gli advisor LLM esigeranno una data foundation che sia più accessibile e contestualizzata che mai.
Il knowledge graph (grafo della conoscenza) è oggi una delle tecnologie più importanti. Si tratta di un data model strutturato come un grafo che include le entità del mondo reale e illustra la relazione tra di loro. Un knowledge graph non solo può aggregare informazioni da più fonti e supportare una migliore personalizzazione, ma può anche allargare l’accesso ai dati attraverso la ricerca semantica.
Anche se non sono stati impiegati dei LLM, questo progetto ha usato l’elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing) per creare un’ontologia e un machine tagging service che assegna i metadati ai documenti, che sono poi stati archiviati in un database. Ora il tempo per trovare le informazioni si è dimezzato: grazie a queste potenziate capacità di knowledge management, Cisco ha liberato oltre 4 milioni di ore l’anno al suo personale di vendita.
In aggiunta ai knowledge graph, data mesh e data fabric sono due modi per aiutare a mappare e organizzare le informazioni che le aziende dovrebbero valutare in fase di aggiornamento della loro architettura complessiva.
Knowledge graph, data mesh e data fabric sarebbero già di per sé, un passo avanti per i sistemi di knowledge management aziendali. Ma si può ottenere ancora più valore spostandosi dal modello “consultazione” a quello “advisor”. Immaginiamo se i dipendenti, anziché digitare in una barra di ricerca, potessero fare domande in linguaggio naturale e avere risposte chiare su ogni sito web e app dell’azienda. Con una data foundation accessibile e contestualizzata questo è finalmente possibile.
Prima opzione: le aziende possono addestrare da zero i loro modelli LLM. Questo approccio, tuttavia, è raro perché richiede ingenti risorse.
Una seconda opzione è quella di fare “fine-tuning” di un LLM esistente. Questo significa, in pratica, prendere un LLM più generale e adattarlo a un preciso ambito addestrandolo ulteriormente su un set di documenti domain-specific. Di conseguenza è la scelta migliore in ambiti molto specifici in cui non è necessario disporre di informazioni in tempo reale, come gli output creativi nella progettazione e nel marketing.
Le imprese hanno inoltre cominciato il fine-tuning di modelli di linguaggio di dimensioni più piccole (SLM) per casi d’uso specializzati. Questi SLM sono più efficienti, visto che hanno bisogno di meno energia impattando meno sull’ambiente e possono anche essere addestrati più velocemente e usati su dispositivi più piccoli e locali (edge).
Infine, uno degli approcci più utilizzati nella realizzazione di advisor LLM è quello di fare un “grounding” degli LLM pre-addestrati fornendo loro informazioni più rilevanti e specifiche per il singolo caso d’uso, tipicamente tramite la retrieval augmented generation (RAG).
Il settore dell’AI generativa e degli LLM si sta evolvendo rapidamente. Ma, qualunque opzione scegliate di sperimentare, una cosa non cambierà: la vostra data foundation deve essere robusta e contestualizzata o il vostro advisor LLM risulterà poco efficiente.
Le imprese che esplorano le nuove possibilità aperte dagli advisor LLM devono capire quali sono i rischi associati.
Pensiamo alle “allucinazioni” come una caratteristica quasi intrinseca degli LLM. Siccome sono addestrati per produrre risposte probabilistiche con un alto livello di certezza, a volte questi advisor restituiscono informazioni non corrette ma verosimili.
Anche se le allucinazioni sono forse il rischio più noto degli LLM, ci sono altri problemi che bisogna considerare. Se si usa un modello pubblico, i dati proprietari devono essere attentamente protetti. Anche nei modelli privati i dati non possono essere condivisi con tutti i dipendenti, ma poche persone hanno le conoscenze necessarie per una corretta implementazione di queste soluzioni.
Tuttavia queste sfide non devono essere prese come deterrenti, ma come uno stimolo a implementare la tecnologia con i controlli appropriati.
I dati che vanno nel modello LLM, sia a fini dell’addestramento che attraverso i prompt, dovrebbero essere di alta qualità: aggiornati, classificati correttamente e privati di bias. I dati per l’addestramento dovrebbero essere zero-party e condivisi proattivamente dai clienti oppure first-party e raccolti direttamente dall’azienda. Inoltre, dovrebbero essere implementati degli standard di sicurezza per proteggere qualunque dato personale o riferito a proprietà intellettuale. Infine, dovrebbero essere istituiti dei permessi per assicurare che l’utente possa accedere a tutti i dati recuperati per l’apprendimento contestualizzato.
Al di là dell’accuratezza, gli output dei chatbot di AI generativa dovrebbero essere allineati con i valori e gli obiettivi del brand. Inoltre, il modello non può rispondere con dati sensibili o linguaggio dannoso e offensivo e deve respingere le domande che esulano dal suo raggio d’azione. In più, le risposte dovrebbero evidenziare se esiste incertezza nell’informazione data o indicare le fonti per ulteriore verifica.
Infine, i chatbot di AI generativa dovrebbero essere sottoposti costantemente a test e supervisione umana. Le aziende dovrebbero investire nell’AI etica e sviluppare standard minimi cui aderire. E' importante raccogliere regolarmente il feedback e condurre attività di formazione per i dipendenti.
Tra le molte altre implicazioni per la sicurezza già descritte per questo trend, le aziende dovrebbero anche pensare a come gli advisor LLM potrebbero modificare le dinamiche relative ai dati degli utenti.
Abbiamo l’opportunità di reinventare l’etica della ricerca e ricostruire la fiducia tra le imprese e i loro clienti. Le aziende possono oggi conservare, mettere in sicurezza, analizzare e distribuire i propri dati e le informazioni istituzionali direttamente ai clienti tramite gli advisor digitali. Si tratta di una grande responsabilità: l’azienda deve assicurare che i suoi dati restino al sicuro mentre li usa per fornire risposte anche riservate. Ma è un’opportunità ancora più grande: senza i search provider che mediano lo scambio di informazioni, le aziende possono agire da fonte diretta di conoscenza affidabile e riconquistarsi la fiducia dei clienti.
L’AI generativa è il vero game-changer per dati e software. Gli LLM stanno cambiando il nostro rapporto con l’informazione. Le aziende all’avanguardia stanno già abbracciando il trend, immaginando e costruendo la nuova generazione dell’impresa data-driven. Presto questo cambiamento sarà semplicemente il nuovo modo in cui si struttura il digital business.
L’AI sta espandendo il suo raggio d’azione oltre la pura assistenza. Nell’arco dei prossimi dieci anni assisteremo all’ascesa di interi ecosistemi di agenti, grandi reti di AI interconnesse che porteranno le imprese a pensare in modo completamente nuovo la loro strategia su automazione e intelligence.
Oggi la maggior parte delle strategie AI è circoscritta all’assistenza su determinati compiti e funzioni. L'AI si comporta come un attore solitario, piuttosto che come parte di un ecosistema interdipendente. Ma con l’evoluzione dell’AI in agenti, i sistemi automatizzati assumeranno decisioni e azioni da soli. Gli agenti non solo daranno consigli alle persone, ma agiranno al posto loro. L’AI continuerà a generare testi, immagini e conoscenza, ma gli agenti decideranno che cosa farne in totale autonomia. Questo contribuirà a costruire il nostro nuovo mondo ed è nostro compito assicurarci che sia quello in cui vogliamo vivere.
Dal momento che gli agenti vengono selezionati per diventare nostri colleghi e agire come nostri "alter-ego", dovremo reimmaginare insieme il futuro della tecnologia e dei talenti.
Questa evoluzione verso gli "AI agent" è appena agli inizi, ma le aziende già cominciano a pensare a che cosa verrà dopo. Non ci vorrà molto tempo che gli agenti comincino a interagire tra loro. La strategia AI del prossimo futuro dovrà prevedere l’orchestrazione di diversi attori: intelligenza artificiale con conoscenze specifiche, agenti generalizzati, agenti formati per la collaborazione con le persone e agenti progettati per l’ottimizzazione delle macchine.
Ma c’è molto lavoro da fare prima che gli agenti AI possano davvero agire per conto dell’essere umano o come suo alter ego. E passerà ancora più tempo prima che possano agire di concerto tra loro. Il fatto è che gli agenti ancora tendono a bloccarsi, a non sapere come utilizzare gli strumenti e a generare risposte inaccurate, e questi sono errori che si sommano rapidamente.
Uomo e macchina sono stati già equiparati a livello di task, ma i leader non erano pronti a un'intelligenza artificiale che facesse funzionare il business, almeno finora. Man mano che gli agenti migliorano fino a diventare nostri colleghi o alter ego, dovremmo re-immaginare sia il futuro della tecnologia che quello delle risorse umane. Non si tratta solo di acquisire nuove competenze, ma di assicurarsi che gli agenti condividano i nostri valori e obiettivi. Gli agenti contribuiranno a costruire il mondo del futuro ed è compito dell’essere umano far sì che sia il mondo che vogliamo noi.
96%
degli executive concorda con l’affermazione che gli ecosistemi di "AI agent" saranno un’opportunità significativa per la loro organizzazione nei prossimi 3 anni.
Man mano che gli assistenti AI evolvono in nostri alter ego, le conseguenti opportunità di business dipenderanno da tre capacità fondamentali: accesso a dati e servizi in tempo reale; ragionamento attraverso complesse catene logiche; e creazione di strumenti non per uso umano, ma per gli agenti stessi.
Cominciamo con l’accesso a dati e servizi in tempo reale. Quando ChatGPT è stato lanciato, un errore comune che le persone facevano era pensare che l’applicazione cercasse attivamente le informazioni sul web. In realtà, GPT-3.5 (l’LLM su cui poggiava la prima versione di ChatGPT per il mercato) era addestrato su un corpus di informazioni estremamente ampio da cui estraeva le relazioni tra i dati per fornire le risposte.
Ma sono stati introdotti nuovi plugin che potrebbero trasformare i foundation models da potenti motori che lavorano isolatamente in AI agent con la capacità di navigare il mondo digitale che ci circonda. I plugin non solo hanno un forte potenziale innovativo di per sé, ma giocheranno un ruolo cruciale nella nascita degli ecosistemi di agenti.
Il secondo step nell’evoluzione verso gli agenti è la capacità di ragionare e pensare in modo logico, perché anche le azioni quotidiane che per un essere umano sono semplici, per le macchine richiedono istruzioni complesse.
La ricerca AI sta cominciando a superare gli ostacoli del ragionamento nelle macchine. Il Chain-of-thought prompting è un approccio sviluppato per aiutare gli LLM a capire meglio i singoli passi di un task complesso.
Tra chain-of-thought reasoning e plugin, l’AI ha il potenziale per farsi carico di task complessi usando sia una logica più ferrata sia l’abbondanza di strumenti digitali disponibili sul web. Ma che cosa succede se la soluzione richiesta non esiste ancora?
Quando l’essere umano si trova di fronte a sfide del genere, acquisisce o costruisce gli strumenti che gli servono. L’AI finora è stata dipendente in modo esclusivo dall’essere umano per costruire le sue capacità. Ma la terza dimensione degli agenti che vediamo nascere è proprio la capacità dell’AI di sviluppare i propri strumenti da sola.
Oltre alle tre capacità fondamentali degli agenti autonomi, parliamo anche di una sfida di orchestrazione estremamente complessa e della necessità di re-inventare su grande scala le nostre risorse umane per rendere tutto questo possibile. Per i leader è difficile capire anche da dove cominciare.
La buona notizia è che le attuali iniziative di trasformazione digitale aiuteranno molto le imprese a portarsi in una posizione di vantaggio.
Che cosa accadrà quando l’ecosistema degli agenti sarà operativo? Che fungano da nostri assistenti o alter ego, gli agenti favoriranno produttività e innovazione e rilanceranno il ruolo delle persone.
In qualità di assistenti o copiloti, gli agenti potrebbero aumentare in modo esponenziale la produttività di ciascuna persona.
In altri scenari, vedremo in misura crescente i “trust agent” agire per nostro conto. In veste di nostri alter ego, potrebbero svolgere lavori attualmente in carico alle persone, ma con un vantaggio enorme: un singolo agente potrebbe contenere tutta la conoscenza e le informazioni di un’intera azienda.
Le aziende dovranno pensare a quali approcci umani e tecnologici saranno necessari per supportare questi agenti. Dal punto di vista tecnologico sarà fondamentale capire come queste entità gestiranno la loro stessa identità digitale.
Diciamolo chiaramente: le persone non saranno sostituite. Saranno le persone a creare e applicare le regole per gli agenti.
Nell’era degli ecosistemi di agenti, le compentenze più importanti per un’azienda saranno quelle adatte a definire le linee guida per l’AI.
Il livello di fiducia che un’azienda ha nei suoi agenti AI determinerà il valore che questi possono creare. Spetta ai talenti umani costruire questo trust.
Gli agenti devono capire i loro stessi limiti. Quando un agente ha abbastanza informazioni per agire da solo e quando invece dovrebbe rivolgersi al supporto prima di agire? Saranno le persone a decidere quanta indipendenza possono dare ai loro sistemi autonomi.
Che cosa possiamo fare adesso per preparare al successo una nuova forza lavoro in cui agenti ed esseri umani collaborano? Dare agli agenti un’occasione per conoscere la nostra azienda e all’azienda l’occasione di imparare a conoscere gli agenti.
Le aziende possono iniziare costruendo il tessuto connettivo tra i predecessori degli agenti, gli LLM, e i loro sistemi di supporto. Attraverso un fine-tuning degli LLM basato sulle informazioni aziendali, possiamo dare ai foundation model più di quello che serve per costruire la loro conoscenza.
È anche il momento di presentare alle persone i loro futuri colleghi digitali. Le aziende possono costruire le basi della fiducia negli agenti insegnando alle loro persone come interagire con le tecnologie intelligenti. Occorre sfidare le persone a scoprire e superare i limiti dei sistemi autonomi esistenti.
Infine, non ci deve essere alcun dubbio su quella che è la Stella Polare che guida l’azienda. Ogni azione degli agenti dovrà riportare ai valori e alla missione aziendali: non è mai troppo presto per metterli in pratica a ogni livello dell’organizzazione.
Dal punto di vista della sicurezza, gli ecosistemi di agenti dovranno fornire trasparenza ai loro processi e alle loro decisioni. È ormai sempre più riconosciuta la necessità di un “Software bill of materials”, una lista chiara di tutti i codici che compongono un’applicazione software e delle loro interdipendenze, in modo da permettere alle aziende di comprenderne i meccanismi di funzionamento. In maniera analoga, un “Agent bill of materials” potrebbe aiutare a spiegare i passaggi del processo decisionale di un agente.
In base a quale logica un agente ha preso una determinata decisione? Quale codice è stato scritto? Quali dati sono stati usati e con chi sono stati condivisi? Più riusciamo a tracciare e capire il processo decisionale degli agenti, più possiamo fidarci di lasciarli agire al posto nostro.
Gli ecosistemi di agenti hanno il potenziale di portare la produttività e l’innovazione aziendale a livelli che oggi non possiamo nemmeno immaginare. Ma saranno utili nella misura in cui le persone sapranno guidarli; la conoscenza e la capacità di ragionamento umani saranno i fattori che renderanno alcune reti di agenti superiori ad altre. Oggi l’intelligenza artificiale è uno strumento. Nel futuro, gli agenti faranno funzionare le nostre aziende. Il nostro compito è assicurarci che non vadano fuori controllo. Considerata la velocità dell’evoluzione dell’AI, il momento di iniziare l’onboarding degli agenti è adesso.
Lo spatial computing cambierà presto non solo il corso dell’innovazione tecnologica, ma anche il modo in cui le persone lavorano e vivono. Mentre i computer desktop e portatili usano gli schermi come porta d’ingresso per il mondo digitale, lo spatial computing unirà finalmente queste due realtà separate, fondendo digitale e fisico. Le app realizzate per questo nuovo medium permetteranno alle persone di immergersi nei mondi digitali mantenendo il senso dello spazio fisico o di inserire contenuti digitali nel loro ambiente fisico.
Dunque, perché non ci sentiamo sulla soglia di una nuova era digitale? Perché si sente parlare sempre più di un flop del metaverso? Il metaverso è una delle più note applicazioni dello spatial computing. Ma basta guardare a quello che è successo al prezzo degli immobili digitali: boom nel 2021 e nel 2022 e crollo dell’80-90% nel 2023.
Lo spatial computing cambierà presto il corso dell’innovazione tecnologica e il modo in cui le persone lavorano e vivono.
Alcune aziende stanno facendo un passo indietro: la tecnologia alla base del metaverso non era matura. Ma altre continuano a investire e a costruire le loro capacità tecnologiche. Meta sta rapidamente sviluppando prodotti di realtà virtuale (VR) e aumentata (AR) e ha presentato i Codex Avatar, che usano l’AI e le fotocamere degli smartphone per creare avatar fotorealistici. La RealityScan App di Epic consente alle persone di scannerizzare in 3D gli oggetti del mondo fisico con il telefono e di trasformarli in oggetti 3D virtuali.
I progressi delle tecnologie come l’AI generativa rendono sempre più veloce e meno costoso costruire ambienti ed esperienze spaziali. Queste tecnologie vengono già usate nelle applicazioni industriali. I digital twin per il manufacturing, l’adozione della VR/AR per la formazione e le operazioni remote, e l’utilizzo di ambienti di progettazione collaborativi stanno già producendo un impatto concreto e di valore sull’industria.
La verità è che non avviene spesso che nascano nuovi media e, quando ciò avviene, l’adozione è lenta. Ma abbracciare il trend dall’inizio è un vantaggio competitivo.
92%
degli executive concorda sul fatto che la propria organizzazione intende creare un vantaggio competitivo grazie allo spatial computing.
Nuovi standard, strumenti e tecnologie stanno rendendo più facile e meno costoso, costruire app ed esperienze di spatial computing che restituiscono una sensazione di familiarità.
Pensiamo ai siti web che oggi frequentiamo o alle nostre app preferite. Anche se hanno tutte finalità diverse, c’è qualcosa di universale anche nelle esperienze più disparate. Che cosa? Usano tutte le stesse tecnologie di base.
Per molto tempo lo spatial computing non ha avuto tali basi.
È poi entrato in scena lo Universal Scene Description (USD), che potremmo descrivere come un formato di file per spazi in 3D. Sviluppato dalla Pixar, l’USD è un framework che permette ai creatori di mappare gli elementi di una scena, ovvero asset, sfondi, illuminazione, personaggi, e così via. Poiché l’USD è progettato per mettere insieme tutti gli elementi in una scena, in ognuno può essere usato un software diverso, permettendo di costruire il contenuto in modalità collaborativa e di effettuare un editing non distruttivo. L’USD sta diventando centrale per le applicazioni di spatial computing a maggiore impatto, in particolare i digital twin industriali.
Le imprese non gestiranno questi spazi isolatamente. Esattamente come nessuna pagina web o app esiste in internet da sola, così la nuova evoluzione del web porterà queste esperienze parallele sempre più a contatto.
Una capacità emergente che distingue lo spatial computing dalle sue controparti digitali è poter attivare i nostri sensi. Le nuove tecnologie permettono agli informatici di disegnare esperienze che coinvolgono i cinque sensi, compresi l'udito, il tatto e l’olfatto.
Nei tentativi precedenti di creare realtà virtuali (VR), l’aggiunta della tecnologia aptica, ovvero del tatto, poteva risultare pesante e poco pratica. Ma di recente i ricercatori dell’Università di Chicago hanno proposto l’uso di elettrodi per mimare più da vicino il senso del tatto.
Anche i profumi possono rendere gli spazi digitali più realistici, evocando ricordi o innescando reazioni. Scentient, una società che sta cercando di portare nel metaverso il senso dell’olfatto, sta sperimentando una tecnologia per l’addestramento dei vigili del fuoco e del personale della protezione civile, per i quali gli odori, come la presenza di gas naturale, può essere cruciale per valutare la gravità di un’emergenza.
Naturalmente anche il suono, o l’audio spaziale, è cruciale per costruire scene digitali realistiche.
Infine, le app di spatial computing immersive dovranno essere pronte a rispondere ai nostri movimenti nello spazio.
Lo spatial computing non andrà a sostituire l’informatica basata su desktop e portatili, ma sta diventando una componente importante del vasto mondo del computing che rappresenta la strategia IT di un’impresa.
Abbiamo già osservato le prime fasi di questa evoluzione. I digital twin hanno più senso se ci si può camminare dentro. Le attività di formazione hanno maggiore impatto quando si può vivere l’esperienza piuttosto che guardare un video. Anche se questi sono stati spesso dei primi progetti isolati, un’attenta valutazione dei grandi vantaggi dello spatial computing può aiutare a definire e guidare la strategia aziendale. Il mercato sta ancora maturando, ma è evidente che le app di spatial computing rendono al massimo quando sono usate in tre modi: per trasmettere grandi volumi di informazioni complesse; per dare agli utenti autonomia nel vivere le esperienze; e, forse in modo controintuitivo, per consentirci di creare spazi fisici aumentati.
Quando si tratta di trasmettere informazioni complesse, il vantaggio dello spatial medium emerge nel modo più chiaro. Siccome uno spazio può permettere agli utenti di muoversi e agire con naturalezza, le informazioni possono essere trasmesse in modi più dinamici e immersivi. Esistono già degli esempi concreti di successo: alcune delle prime app di spatial computing sono state dei digital twin industriali, degli ambienti di formazione virtuali o degli spazi per l’assistenza remota in tempo reale.
Il secondo vantaggio dello spatial computing rispetto a mezzi di comunicazione precedenti è la capacità di dare agli utenti più autonomia nel personalizzare le loro esperienze all'interno delle app. Poiché lo spatial computing permette di costruire delle esperienze digitali che integrano il senso dello spazio fisico, possiamo disegnare esperienze che danno agli utenti maggiore flessibilità di muoversi ed esplorare.
Infine, le applicazioni di spatial computing portano anche dei benefici agli spazi fisici: possono aumentare, ingrandire e migliorare i posti senza materialmente cambiarli. Immaginiamo in futuro un ufficio in cui i monitor, i proiettori e i display fisici vengono sostituiti da spatial computer e app. Avremo la flessibilità di disegnare spazi più semplici, abbassando i costi e modificando più facilmente l’ambiente circostante.
Mentre il mondo del lavoro abbraccia lo spatial computing, le aziende dovranno pensare alla sicurezza. Ci saranno ancora più dispositivi connessi: i dipendenti li useranno per il lavoro e i clienti per accedere alle esperienze. Con questo ecosistema di device in continua espansione ci saranno ancora più punti di ingresso per gli hacker. E come si alzano le difese in un mondo privo di confini? Le strategie spatial delle aziende dovranno essere progettate secondo i principi zero trust.
In aggiunta, le aziende dovrebbero tenere a mente che lo spatial computing è un territorio nuovo e sia i vendor che gli utenti devono aspettarsi qualche angolo cieco. Una sola linea di difesa non è sufficiente, ma possono essere implementate strategie di Difesa in Profondità (“Defense in Depth”) che fanno leva su molteplici livelli di sicurezza (per esempio, amministrativo, tecnico, fisico) per proteggere questa nuova frontiera.
Lo spatial computing sta per diventare una tecnologia comune e le aziende evolute accelerano il passo per portarsi avanti. Essere leader nella prossima era dell’innovazione tecnologica richiederà alle imprese di rivedere la loro posizione sullo spatial computing e riconoscere gli effetti che produrrà. I nuovi computing medium sono pochi e l’impatto su persone e imprese può essere enorme e durare per decenni. Siamo pronti a immergerci?
Non riuscire a capire le persone è il fattore che limita molte delle tecnologie che usiamo oggi. Pensiamo ai robot e ai droni che possiamo controllare solo traducendo ciò che vogliamo in comandi. Il fatto è che, quando la tecnologia ha difficoltà a connettersi con noi, è spesso perché ciò che le persone vogliono, si aspettano o intendono è un enigma.
Ora gli innovatori stanno provando a superare questo limite. In tutte le industrie si stanno costruendo tecnologie e sistemi che riescono a capire le persone in modo nuovo e profondo. Stanno creando una “interfaccia umana”, che potrebbe avviare un potente effetto a catena con ampie ripercussioni, ben oltre ciò che possiamo immaginare (per esempio, impatti per la smart home).
Guardiamo a come le neurotecnologie iniziano a entrare in connessione con la mente delle persone. Di recente due studi separati, uno dell’Università della California San Francisco e l’altro dell’Università di Stanford, hanno dimostrato l’uso di protesi neurali, come interfacce cervello-computer o brain-computer interfaces (BCI), per decodificare il linguaggio partendo dai segnali del cervello. Questo potrebbe aiutare i pazienti con disabilità comunicative traducendo i loro tentativi di parlare in testo o voci artificiali.
Se le tecnologie riescono a capirci meglio - i nostri comportamenti o le nostre intenzioni - si adatteranno a noi più efficacemente.
Oppure consideriamo le tecnologie che leggono i movimenti del corpo, come l’eye tracking e l’hand tracking. Nel 2023, Vision Pro di Apple ha introdotto visionOS, che permette agli utenti di navigare e cliccare solo con lo sguardo e un semplice gesto, eliminando la necessità di un controller manuale.
Innovazioni come questa stanno riscrivendo le regole e superando i limiti che hanno caratterizzato le interazioni uomo-macchina per decenni. Spesso oggi siamo noi a sforzarci per modificare e adattare quello che facciamo per far funzionare le tecnologie. Ma la “human interface” realizzerà uno scenario opposto: se le tecnologie riescono a capirci meglio - i nostri comportamenti o le nostre intenzioni - si adatteranno a noi più efficacemente.
Per garantirsi il successo, le imprese dovranno anche affrontare le questioni che riguardano la fiducia nell’AI e l’utilizzo scorretto della tecnologia. Le aziende e le persone potrebbero esitare di fronte a una tecnologia che legge e capisce la nostra mente in modo nuovo e così intimo. Gli standard della privacy biometrica dovranno essere aggiornati. Andranno definite nuove tutele di neuroetica, incluso come gestire in modo appropriato i dati del cervello e altri dati biometrici che possono essere usati per dedurre le intenzioni e gli stati cognitivi delle persone. Finché le regole formali non si mettono al passo con le evoluzioni tecnologiche, è responsabilità delle imprese guadagnarsi la fiducia delle persone.
Cercare di capire le persone è sempre stata una sfida per il business. Negli ultimi decenni la tecnologia digitale applicata alla comprensione umana è stato l’elemento di differenziazione chiave. Le piattaforme e i dispositivi digitali hanno permesso alle imprese di tracciare e misurare i comportamenti delle persone generando un impatto di enorme valore. Ora la “human interface” sta nuovamente modificando lo scenario, rendendo possibile capire le persone in modi molto più profondi ma anche human-centric.
31%
dei consumatori non sono soddifsatti quando una tecnologia non capisce con precisione i loro bisogni e le loro intenzioni.
Le recenti tecnologie usate per capire le persone sono basate su modelli di tracciamento e osservazione che mancano di specificità. Le persone potrebbero leggere o guardare contenuti già noti, ma in realtà potrebbero desiderare qualcosa di nuovo. Siamo molto bravi a riconoscere ciò che le persone fanno, ma non sempre riusciamo a capire perché lo fanno.
La “human interface” non è una tecnologia unica. Al contrario, è un insieme di tecnologie che offre strumenti più efficaci con i quali le aziende che innovano osservano e decifrano le persone.
Alcune usano i dispositivi indossabili (wearables) per tracciare i segnali biologici che aiutano a prevedere ciò che le persone vogliono o a intuire il loro stato cognitivo.
Altre stanno costruendo tecniche più raffinate per comprendere le intenzioni delle persone in relazione all’ambiente in cui si trovano.
Un altro approccio allo “human intent” è tramite l’AI. Consideriamo le collaborazioni uomo-robot: lo stato mentale delle persone, per esempio, se si sentono ambiziose o stanche, può influire sul modo in cui affrontano un compito. E, mentre gli esseri umani di solito sono bravi a capire gli stati d’animo, i robot non lo sono, ma si sta lavorando per insegnare alle macchine ad identificarli correttamente.
Infine, tra le tecnologie più interessanti in fatto di interfacce “human" c'è quella neurotech, ovvero neuro-sensoristica e BCI. Negli ultimi dieci anni sono nate molte nuove aziende nell'ambito delle neurotecnologie. Il settore ha grande potenziale ai fini di leggere e individuare le intenzioni umane.
Molti potrebbero pensare che la neuro-sensoristica e il BCI siano ben lontani dal raggiungere un ampio impiego commerciale, ma i recenti progressi raccontano un’altra storia.
Gli scettici sostengono che il neurotech resterà confinato all’industria dell’healthcare, ma nuovi casi stanno emergendo.
Due progressi fondamentali lavorano in questa direzione. Uno è la decodifica dei segnali del cervello. Gli avanzamenti nel riconoscimento di configurazioni complesse tramite l’AI, insieme alla maggiore disponibilità di dati del cervello, sta accorciando le distanze.
La seconda area da seguire è il neuro-hardware e, in particolare, la qualità dei macchinari per misurare dall’esterno i segnali del cervello. Storicamente le tecniche più usate sono state l'elettroencefalogramma (EEG) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Fino a qualche anno fa, catturare questo tipo di segnali del cervello ha sempre richiesto attrezzature di laboratorio, ma questo sta iniziando a cambiare.
Un numero crescente di imprese comincerà presto a costruire una strategia per la human interface: in questa fase occorrerà iniziare anche a circoscrivere le diverse aree di business e le sfide che potranno essere trasformate.
Per prima cosa, consideriamo come le tecnologie per la human interface stiano migliorando nettamente la capacità di anticipare le azioni delle persone. Alcuni dei casi d’uso più promettenti riguardano le situazioni in cui le persone e le macchine operano in un ambiente comune. Per esempio, le imprese potrebbero creare dei sistemi produttivi per il manufacturing più sicuri e più efficienti se i robot capissero in anticipo quello che le persone stanno per fare.
Un’altra area che può essere trasformata è quella della collaborazione diretta uomo-macchina, ovvero il modo in cui usiamo e controlliamo la tecnologia. Pensiamo, per esempio, a come il neurotech ci sta permettendo di capire il funzionamento delle nostre menti facendole entrare in connessione con la tecnologia in modi nuovi e, potenzialmente, più naturali.
Infine, la human interface potrebbe stimolare l’invenzione di nuovi prodotti e servizi. Il brain-sensing (il monitoraggio cerebrale tramite sensori), per esempio, potrebbe aiutare le persone a “capirsi” meglio: L'Oréal sta collaborando con EMOTIV per aiutare i consumatori a capire meglio quali profumi preferiscono.
Altri ancora stanno interpretando la human interface come misura di sicurezza. Per esempio, Meili Technologies è una startup che lavora per migliorare la sicurezza dei veicoli usando tecnologie come il deep learning e gli input visivi dei sensori in cabina per capire se un conducente non è più nel pieno delle sue facoltà a causa di gravi emergenze quali un infarto, un attacco epilettico o un ictus.
Le aziende devono cominciare a esaminare i rischi posti da queste tecnologie e capire quali nuove policy e salvaguardie possono implementare. Invece di aspettare che le normative si mettano al passo, le imprese più responsabili devono muoversi subito, cercando punti di riferimento nelle leggi esistenti sulle tecnologie biometriche e nelle prassi dell’industria sanitaria.
Più di qualunque altro trend quest’anno, la sicurezza giocherà un ruolo importante nel favorire o scoraggiare l'adozione della human interface da parte di imprese e consumatori.
L’accettazione di strumenti più connessi e percettivi si basa sul dare alle persone la possibilità di decidere, come minimo, quali informazioni vengono condivise. Questo controllo dovrà essere integrato by design, ovvero nella stessa progettazione delle interfacce uomo-computer di prossima generazione. È importante consentire alle persone se scegliere consapevolmente di condividere i dati (opt-in) o la telemetria rilevante per un dato task. Al contrario devono essere messe nella condizione di rifiutare (opt-out) la condivisione di informazioni sensibili o estranee al compito.
L’interfaccia human è un nuovo approccio che affronta una delle maggiori sfide per il business mai del tutto risolte: capire le persone in quanto esseri umani.
Si tratta di una grande responsabilità e di un’opportunità ancora più grande. Le persone avranno dei dubbi, e i timori riguardo alla privacy saranno i primi ostacoli che le imprese dovranno fronteggiare. Ma lo sforzo potrà essere ripagato: in palio c’è la capacità di capire le persone in modo molto più profondo e human-centric.
Il mondo si sta avvicinando a quello che potrebbe rappresentare il principale punto di svolta tecnologico nella storia. Le imprese, e le decisioni che i loro leader prendono, saranno centrali per disegnare il futuro.
Andremo incontro a più crescita e innovazione, ma non sarà un cambiamento tutto al positivo. Ci saranno più (e nuovi) spazi per frodi, disinformazione e violazioni di sicurezza. Se creiamo strumenti con le nostre capacità umane, ma senza l’intelligenza e la coscienza umane, potremmo avere un impatto negativo sia sui bilanci aziendali che sul bene comune.
Nell’era dello human tech, ogni prodotto e servizio che le imprese portano al mercato ha il potenziale di trasformare le vite, dare più strumenti alle persone e innescare un cambiamento, sia in positivo che in negativo. Inevitabilmente, le imprese saranno chiamate a trovare il delicato equilibrio tra la necessità di agire velocemente e quella di muoversi con attenzione. Dovranno anche fronteggiare il fatto che i competitor o altri Paesi potrebbero non condividere le stesse preoccupazioni o garantire le stesse tutele.
Mentre lavoriamo per rendere la tecnologia human by design, dobbiamo pensare alla sicurezza come a un abilitatore e un modo essenziale per costruire fiducia fra le persone e la tecnologia, non come a una limitazione o a un obbligo. Dobbiamo costruire la tecnologia senza mettere in secondo piano o stravolgere ciò che significa essere “umani”. È questo il concetto che definiamo “positive engineering”. Negli anni più recenti, diverse questioni etiche hanno fatto il loro ingresso nel campo della tecnologia. Inclusione, accessibilità, sostenibilità, protezione della proprietà intellettuale e altro ancora. Ciascun tema affonda le radici in un’unica domanda: come ottenere un equilibrio tra ciò che possiamo fare con la tecnologia e ciò che desideriamo in quanto persone?
Questo è un momento di trasformazione epocale per la tecnologia e per le persone, e il mondo si aspetta che le imprese contribuiscano a dar forma al futuro.